È tutta colpa di Freud!

tutta colpa di freud

Le teorie freudiane e l’interpretazione

Quando si parla di psicologia, la prima cosa che salta in mente a chiunque è il nome di Freud. La sua
psicanalisi, un lettino in una stanza spoglia, un signore con gli occhiali che interroga un uomo disteso.
Vorrei sapere a chi non si palesa Freud ogni volta che si parla di interpretazione?!

E proprio Freud ci ha travolti tutti, insieme a quella tendenza ad INTERPRETARE, non solo i sogni, un po’
come il canto delle sirene, a cui quasi nessuno resiste finendo per venirne travolti che lo si voglia o meno.
Continuando con le metafore mitologiche penso ad Achille immerso nel fiume Stige e reso invulnerabile ad
eccezione del tallone per il quale era stato tenuto, allo stesso modo mi immagino tutti noi immersi nelle
teorie freudiane: proiezione, complesso di Edipo, un po’ meno quello di Elettra diciamocelo, transfert e
perché no controtransfert.

Apriamoci a nuovi schemi e prospettive inedite: non solo di Freud vive l’uomo!

Vorrei proporre una caccia al tesoro e andare alla ricerca di quel “tallone” rimasto fuori dalle acque, che
certamente ci è rimasto come ultimo baluardo della nostra parte ancora pura dalla quale mi piacerebbe
provassimo a ripartire, lasciando le vecchie abitudini e aprendoci a nuovi schemi e prospettive inedite.

Non vorrei essere fraintesa: sono la prima a ringraziare Sigmund che mi ha sedotto all’età di 14 anni, con
“Introduzione alla Psicoanalisi”, unica lettura imposta da un docente che non ho mai maledetto. Ma da lui e
grazie a lui le teorie sono andate avanti e in alcuni casi sono state anche superate, integrate da nuove
prospettive altrettanto illustri. Come dire… non di solo Freud vive l’uomo!

Oh, ti prego non psicanalizzarmi! (Woody Allen)

Quando un amico un collega ci chiede aiuto, mosso dal bisogno di parlare ed essere accolto è probabile che
chieda semplicemente di essere ascoltato e non psicoanalizzato alla bene e meglio. Quante volte abbiamo realmente provato a non cedere alla tentazione di INTERPRETARE ma ASCOLTARE in assenza di giudizio e pregiudizio, OSSERVARE chi ci è davanti dedicando la massima attenzione a quello che ci sta raccontando? A prestare attenzione “alle parole che usa” o a “come si muove” mentre parla?

Interpretare non è ascoltare

A interpretare il rischio che si corre è di non essere in ascolto della persona davanti a noi, di non essere
realmente interessati a quello che sta provando a raccontare di sé ma, per rimanere in tema, di proiettare
qualcosa di nostro, agire un transfert ed esserci noi al centro della sua conversazione.

Non sto dicendo che non si debba esprimere un’opinione, meglio se richiesta, ma chiedersi se siamo
davvero interessati a ciò che stiamo ascoltando
, con cuore aperto sentendo di dire: “sono qui per te”, che
peraltro è ciò che tutti chiediamo quando sentiamo l’esigenza di confidarci o sfogarci con qualcuno: essere
visti, compresi e accolti nella nostra richiesta di aiuto.

L’ascolto attivo è una competenza che si può acquisire

Quando cediamo alla tentazione di interpretare, a prescindere che ne abbiamo o meno le competenze, non
siamo nel momento presente, è impossibile stare nel qui e ora se permettiamo alla nostra mente di vagare
nel tempo:

INDIETRO: richiamando situazioni del passato che emergono risuonandoci durante l’ascolto, distratto
IN AVANTI: quando iniziamo a preparare la nostra migliore perla di saggezza da dispensare al primo attimo
di silenzio del nostro interlocutore, l’attimo in cui riprende fiato, che ci fa sentire autorizzati prendere la
parola
, con il rischio che la conversazione sia andata oltre al punto rispetto al quale abbiamo smesso di
ascoltare, per preparare il nostro migliore intervento.

L’ascolto attivo, quello empatico avviene nel momento presente, non è innato: si tratta di una competenza
e in quanto tale può essere acquisita e potenziata.

Come? Attraverso il lavoro su se stessi che ci consenta di vedere e accettare l’altro per come è, ascoltando
con l’intenzione di capire ciò che ci viene detto, imparando a sospendere il giudizio o pregiudizio, ad
essere sicuri di aver realmente capito e se non così non è , domandare.
Se è vero che l’altro ci fa da specchio, attraverso l’ascolto attivo e la relazione “con te” ho la possibilità di
capire molto di “me”.

C’è qualcosa che vorresti chiedermi?

Vorresti saperne di più sugli obiettivi che puoi raggiungere e sul percorso che possiamo fare insieme?