Gestione della gerarchia: tutti al proprio posto

gestione gerarchia

Tutti al proprio posto.
Quando ognuno sa quale sia il suo posto, l’ordine che si crea spontaneamente facilita ogni processo.
Sembra un concetto astratto ed eccessivamente “filosofico” ma basta provare a pensare alla struttura di una squadra dove ognuno ha sia un ruolo che una posizione in campo oppure alla buona riuscita di una festa a sorpresa, che per assicurare l’effetto finale non può prescindere dal rispetto di posizioni e tempistiche di ciascun partecipante.

Al proprio posto nel mondo

Sapere di essere al proprio posto rassicura, tranquillizza e rafforza perché ci consente di convogliare le nostre energie in obiettivi che non solo sentiamo essere nostri ma verso i quali la motivazione e l’entusiasmo compensano talmente sacrificio e impegno che il peso diventa del tutto trascurabile.
Sentire di essere nel proprio posto del mondo significa anche riconoscere, a livello profondo, che esiste una gerarchia rassicurante, una sorta di grande “madre” che crea ordine nell’universo, in famiglia o in azienda .
Un ordine che permette ad ognuno di vivere il proprio ruolo: stare al proprio posto. Io, che sono figlia degli anni Sessanta, ricordo bene quando, praticamente su qualsiasi questione, nelle discussioni in casa mi veniva spesso e non troppo velatamente suggerito di “stare al mio posto”. Non si
trattava di merito, ossia di ciò che esprimevo come opinione personale, ma di come lo facevo. Se durante una discussione parlavo sopra ai miei genitori, non permettendo loro di controbattere e sottolineando con tutto il mio potenziale non verbale tipico dei 16 anni, che loro erano nel torto e io nella Verità più assoluta, ecco che il mio babbo poteva giocare la frase jolly, con il suo non verbale più che eloquente, che preludeva al: “Stai al tuo posto”.
In quel non detto, si poteva infatti scorgere un chiarissimo: Io sono il babbo e te la figlia! Ho 35 anni più di te e quindi più vita sua questa terra, più esperienza e ciò di cui parli credi davvero che sia la prima volta che lo sento?

La gerarchia da una nuova prospettiva: prima, adesso e dopo

Mi viene in mente il primo “Mulan”, film d’animazione Disney, che racconta in maniera inequivocabile la cultura del rispetto verso gli antenati. Il concetto è semplice se proviamo a vederlo da un’altra prospettiva. Esiste un prima di noi, grazie al quale è possibile un adesso, che contribuirà a decretare il dopo di noi. Questa nuova consapevolezza può aiutarci a sentire che siamo parte di qualcosa di più grande, darci la dimensione di essere collegati alle innumerevoli altre particelle che regolano le leggi dell’universo e chissà, magari darci una mano anche a relativizzare un po’.
Quando viviamo il nostro posto nel sistema, che sia: universo, famiglia o azienda, siamo al centro della nostra esistenza.
Se sono figlio ma inconsciamente mi sento migliore dei miei genitori, io inevitabilmente mi sposterò dal mio posto naturale andando ad occupare una posizione che non mi compete, mi porrò al di sopra di chi è “più grande” di me. E in questo movimento mi caricherò di pesi e responsabilità che non mi appartengono, rischiando di vivere una vita che non è la mia.
Succede quando un figlio fa da genitore ai propri genitori, o un dipendente contesta i vertici i aziendali sentendo che potrebbe fare meglio di chi è lì da più tempo e ha contribuito a creare l’azienda.

La gerarchia, la base dell’ordine

Questa visione di gerarchia che contribuisce all’ordine, grazie al quale ognuno sa qual è il proprio posto e può vivere in equilibrio con se stesso e ciò che lo circonda, richiama le costellazioni sistemiche di Bert Hellinger, che ha dichiarato: “Molti pensano di essere liberi nell’amore, invece l’amore segue gli ordini. Così come la vita, anche l’amore, per avere successo deve seguire determinati ordini”.
In questa frase il messaggio che si può cogliere è che non sempre l’amore è sufficiente se non è regolato dall’ordine: figlio genitore come dipendente superiore, il sistema di riferimento potrà funzionare solo se ognuno sentirà quale è il suo posto.
Per decenni ho reagito alla solidità del ruolo rivendicato dai miei genitori con la ribellione dell’adolescenza anche quando ero diventata ormai mamma. Poi un giorno ho capito che sarei stata sempre figlia e sono potuta diventare finalmente mamma.

Vorrei chiudere con una frase che più di tutte riassume ciò che ho provato a raccontare: è di Papa Francesco e recita “Per essere grandi bisogna prima di tutto saper essere piccoli. L’umiltà è la base di ogni vera grandezza”.

C’è qualcosa che vorresti chiedermi?

Vorresti saperne di più sugli obiettivi che puoi raggiungere e sul percorso che possiamo fare insieme?